Ehm! Dunque,...
domande ad un papà, consulente informatico.

Perché tanti italiani non leggono i libri?


Risposta Perche-tanti-italiani-non-leggono-libri? di Beppe Severgnini.


Se si prescinde dallo “zoccolo duro” che è innamorato della lettura e che leggerebbe sempre e comunque, per quanto concerne gli “altri” il rapporto con i libri e la lettura è riconducibile ad una banale questione di calcolo ovvero al rapporto costi/benefici.

Fino a tempi abbastanza recenti la lettura e i libri erano l'unico mezzo per accedere alla lettura; un po' come il “latino” che si studiava per diventare medici o notai ovvero poiché ciò costituiva un mezzo di promozione sociale.

Nel momento in cui hanno cominciato ad apparire dei “concorrenti”, dapprima il cinema, poi la televisione, quindi Internet, il pubblico si è trovato nella condizione di scegliere. Possibilità che prima non aveva!

Proviamo ora ad affrontare il problema della disaffezione nei confronti della lettura in un'ottica di marketing.

Nella valutazione del rapporto costi/benefici si dovranno tenere presente fattori come: il costo economico di accesso alla “conoscenza” e la fatica che tale accesso comporta per l'utente, dall'altro i vantaggi in termini di promozione sociale ed economica e questo in riferimento ai diversi possibili contesti: amici, lavoro, generale.

Detto ciò è evidente che leggere costa fatica (sopratutto a coloro che lo fanno raramente) al contrario della comunicazione orale che caratterizza vari mezzi audio-visivi dagli spettacoli televisivi a YouTube.

Sull'altro fronte si osserva che essere “informati” sui gossip, piuttosto che sui risultati sportivi, produce dei risultati “più” immediati poiché soddisfa subito il nostro desiderio di evasione e di far bella figura con gli amici dimostrando di sapere tutto dell'ultima tresca della velina del momento con il centrocampista di non so quale squadra.

E' vero che la Cultura con la 'C' maiuscola spesso consente di essere “vincenti”, a condizione di porsi in un'ottica di lungo periodo.

Non si può tuttavia tacere il fatto che per raggiungere tali obiettivi sono spesso necessari dei massicci investimenti in termini di tempo e di denaro.

Il primo per imparare a leggere, poi esercitandosi nella lettura per poterlo fare senza troppa fatica, quindi il tempo richiesto per la lettura di un romanzo che spesso è più lungo di quello di uno spettacolo più “leggero”.

Il secondo rappresentato dai costi che le famiglie devono sopportare per mantenere uno studente a cominciare dai libri e dalle rette universitarie.

Infine dopo una ventina d'anni di studio un diploma e una laurea si può aspirare ad uno stipendio da fame che non da nessun prestigio sociale.

Si osservi che anche solo cinquant'anni fa il prete e la maestra erano rispettati poiché erano le sole persone istruite del paese.

Al contrario i ragazzini e le ragazzine che invece di “perdere tempo” in cose inutili come la lettura, per dedicarsi ad attività più proficue come gli allenamenti sportivi o curare il proprio aspetto fisico, a vent'anni potrebbero essere delle persone “arrivate”, godere di una solida posizione in qualità di “titolari” di una squadra di calcio o “veline” di qualche trasmissione televisiva; magari con la prospettiva di diventare le “nipotine” di qualche importante uomo politico.

Pertanto lasciamo perdere le facili giustificazioni come quelle citate nell'articolo e diciamoci le cose come stanno: la gente non legge perché la cultura tradizionale non garantisce più la promozione sociale.

Per risolvere il problema bisogna innanzitutto restituire il rispetto a chi ancora crede nella cultura (insegnanti, studenti, diplomati, laureati) e a chi fa cultura (giornalisti e scrittori), in modo da ricreare un “circolo virtuoso” che invogli la gente a tornare a dedicarsi alla lettura.


Luigi Capra






















Autore: Luigi D. CAPRA - Documento rilasciato sotto Licenza Creative Commons - Attribuzione 2.5